venerdì 15 giugno 2007

GIOCO e TEORIA DEI GIOCHI

GIOCO

Il gioco viene interpretato in maniera diversa a seconda degli autori e delle discipline che se ne occupano: come fenomeno culturale, sociale, etnologico, psicologico, linguistico.

Per JOHAN HUIZINGA (Homo ludens, 1939), il gioco caratterizza la vita umana e animale, ha natura irrazionale, è legato intimamente a tutte le manifestazioni sociali (linguaggio, cultura); la tesi Huizinga è che il gioco è base e fattore di cultura. Il gioco possiede le seguenti caratteristiche: è gratuito, è una sospensione della vita ordinaria, è disinteressato, ha un senso compiuto in sé, è limitato nel tempo, nello spazio, può essere ripreso, crea un ordine, è volontario, è sottoposto a regole, è totalizzante, è comunitario, è una lotta per qualcosa. Secondo Huizinga, il gioco è necessario all’uomo, non solo esso ha a che vedere con il sacro, ma si può affermare che la cultura stessa è gioco, poiché ne possiede molte caratteristiche.

Anche ROGER CALLOIS interpreta il gioco da un punto di vista culturale (I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, 1958). Per Callois, il gioco ha sei caratteristiche: è un’attività libera, separata, improduttiva, incerta, regolata e fittizia. Distingue il gioco in quattro tipi fondamentali: AGON, che è competizione; ALEA, che è caso, azzardo; ILINX, che è vertigine; MIMICRY, che è imitazione. Callois, inoltre, distingue due modi generalissimi del gioco la PAIDIA (il gioco libero, non strutturato tipico dei bambini), e il LUDUS (il gioco organizzato). Le due combinazioni significative per Callois sono quelle fra competizione e caso e fra vertigine e maschera (quest’ultima dà luogo ai riti presenti nelle civiltà arcaiche).

Il gioco viene studiato in psicologia e in psicoanalisi.
Per SIGMUND FREUD è uno strumento che serve ad allontanare l’angoscia e la paura attraverso la ripetizione ludica della situazione, che è fonte di timore, sia a riversare su oggetti di gioco sentimenti e impulsi che non possono esprimersi nell’ambiente.

FRIEDRICH NIETZSCHE utilizza il gioco per parlare del dionisiaco, del mondo concepito come divenire, dell’eterno ritorno.

EUGEN FINK (Il gioco come simbolo del mondo, 1960), allievo di Heidegger e interprete di Nietzsche, ha teorizzato il gioco come simbolo del mondo: sostiene che concepire l’essere dell’uomo come gioco significa riscattarlo dall’oggettività e anche dalla ragione, dallo spirito, e concepirlo come apertura verso il mondo.

LUDWIG WITTGESTEIN ha utilizzato l’espressione <>: è l’uso differenziato dei modi di dire, delle parole, nella lingua che parliamo. Wittgestein pensa al linguaggio ordinario e conclude che non è definibile come un tutto, poiché è composto di espressioni che svolgono una funzione diversa negli usi diversi che compongono il linguaggio. Tali usi diversi sono i <>.

Letture:

R. Callois, I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine [1967], Milano,
Bompiani, 1981.

E. Fink, Il gioco come simbolo del mondo [1960], Firenze, Hopefulmonster, 1991.

J. Huizinga, Homo ludens [1939], Torino, Einaudi, 1946.

Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche [1953], Torino Einaudi, 1967.



TEORIA DEI GIOCHI

Elaborata agli inizi degli anni quaranta del Novecento dal matematico JOHN VON NEUMANN e dall’economista OSKAR MORGENSTERN, la teoria dei giochi studia, in forma rigorosa e con l’utilizzo dei teoremi, la struttura dei giochi e le strategie razionali impiegate in quelle attività (simili a giochi) nelle quali il “giocatore” tiene in considerazione anche il comportamento degli altri partecipanti al gioco.

ES. Se cade improvvisamente la linea mentre sto telefonando ad un amico, è meglio che richiami io o che attenda che mi chiami lui?Per deciderlo, devo congetturare qualcosa sul comportamento del mio amico.
In filosofia e nell’etica, la teoria dei giochi ha interessato soprattutto gli esponenti delle posizioni utilitaristiche.


Nerina per a.titolo

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